Orologio del Museo d’Orsay

Si narra che all’epoca dell’inaugurazione della Gare d’Orsay, nel 1900, il pittore Eduard Detaille andasse dicendo che, più che in una stazione, si aveva l’impressione di trovarsi in un palazzo delle Belle Arti. Dall’altra parte della Senna, intanto, erano in corso proprio i lavori dell’attuale Grand Palais e Parigi era tutto in fermento per l’imminente esposizione universale. Un colpo di genio, quello di Detaille: pare addirittura che propose al progettista della Gare d’Orsay, Victor Laloux, di fare un cambio di destinazione con l’edificio vicino, che sembrava invece più simile ad una stazione. 

Che la Gare d’Orsay fosse bella, tanto da diventare il modello per l’edificazione di altre stazioni nel mondo, era chiaro fin dall’inizio. Che fosse così incantevole da diventare un museo, al contrario, non era scontato. Tant’è vero che, quando la compagnia ferroviaria di Orléans interruppe il traffico su questo lato della rive gauche, alla fine degli anni trenta, chiudendo sia la stazione che il vicino albergo di lusso, gli edifici furono impiegati nei modi più svariati, fino a quando si pensò di dover procedere alla loro demolizione. A salvare la situazione contribuì il presidente Valery Giscard D’Estaing, che nel 1977 la scelse come sede da dedicare alle collezioni degli impressionisti, sempre più stretti al Jeu de Pomme; più in generale, si volle trovare un posto esclusivo per la produzione figurativa della seconda metà dell’800 e dell’inizio del 900, un periodo per molti versi centrale per la storia dell’arte.

Nel 1978 cominciò la ristrutturazione dell’edificio, ed il museo è stato inaugurato nel dicembre del 1986. Al lavoro, oltre agli architetti dello Studio ACT, partecipò anche la nostra connazionale Gae Aulenti. Sarà un caso, ma due dei più importanti e discussi, almeno al momento della loro inaugurazione, museo di arte moderna di Parigi sono frutto del genio italiano: Renzo Piano al Centre Pompidou che nacque in un ex parchegggio e Gae Aulenti al lavoro sugli interni del museo d’Orsay, intenta a riconvertire le banchine dei treni. 

Bal au Moulin de la Galette di Renoir

La struttura originaria della stazione era così elegante che si notano ancora le sue tracce: quando si entra nel museo, infatti, il colpo d’occhio sulla navata centrale è quanto mai suggestivo. L’orologio sulla parete di fondo, i tetti in vetro, la decorata copertura in pietra dell’ossatura metallica della stazione: il museo di oggi è ancora la stazione del primo ‘900. Anche se al posto della banchina, adesso ci sono delle sculture, e altre si trovano sulle terrazze del primo piano che corrono lungo la sala centrale. Ma l’attrazione principale del museo è la pittura, conservata nelle gallerie costruite su entrambi i lati: si va dal periodo compreso tra il 1848 e il 1870, al piano terra, fino ai capolavori dell’impressionismo dell’ultimo, a partire dall’anno di nascita del movimento. 

Tutti gli esponenti di questa corrente artistica, infatti, trovano posto in questo museo, che può contare all’incirca su tre milioni di visitatori all’anno. Il fondo d’Orsay, in costante crescita attraverso donazioni e lasciti, annovera oltre seimila opere senza contare le fotografie, metà della quale riesce ad essere esposta. L’Olympia e La colazione sull’erba di Manet, Le ballerine di Degas, Il circo di Seurat, Il ballo del mulino della Galette di Renoir, fra gli altri, attirano l’attenzione di chi arriva al d’Orsay alla ricerca di un museo, e lo trova dentro una stazione.

Van Gogh

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