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Solo una decina di chilometri separano Lecce da Acaya. Dieci piacevoli chilometri che, tra olivi secolari e masserie diroccate, conducono dal capoluogo del Salento all’unico esempio rimasto di città fortificata del meridione d’Italia con un’anima rinascimentale. La sua particolare importanza storica è dovuta proprio nell’essere ad oggi l’unico esempio di città fortificata del Meridione d’Italia uscita indenne dai secoli e dalle guerre mantenendo il suo aspetto seicentesco, ed avente un’impronta tipicamente rinascimentale nello stile. Acaya, una frazione del comune di Vernole, rappresenta infatti la più importante testimonianza del Rinascimento meridionale grazie all’architetto militare Gian Giacomo dell’Acaya che nel 1536 creò in questo angolo del Salento la sua piccola Città Ideale. Là dove esisteva il minuscolo villaggio di Segine l’ingegnere, uomo di fiducia dell’imperatore Carlo V, edificò un centro abitato fortificato protetto da un Castello, un ampio fossato e da bastioni con cannoniere e feritoie, che chiamò Acaya, dal suo cognome.

Dopo gli Acaya, il feudo passò ai De Monti – Sanfelice e infine alla famiglia Vernazza, fino a quando non fu abolito il sistema feudale. Il castello rimase però disabitato per molti anni e divenne nel Settecento facile preda dei Saraceni, che lo devastarono ma, fortunatamente, non lo distrussero. Oggi, dopo anni dì abbandono, il borgo è al centro di un’importante azione di recupero storico, artistico e culturale che prevede la riapertura al pubblico del castello a pianta trapezoidale, collegato alla terraferma da un unico ponte. Durante i lavori di restauro e stato ritrovato un affresco della Dormitio Virginis, datato seconda metà del 1300, che rappresenta gli Apostoli che assistono alla morte della Vergine e Gesù che ne raccoglie l’Anima e la presenta al Padre, secondo la tradizione dei Vangeli apocrifi. Una passeggiata per le vie del borgo permette infine di apprezzare gli aspetti e le architetture rinascimentali, che si sono mantenute quasi intatte sino ai giorni nostri. La zona, ricca di uliveti, vecchi in alcuni casi anche più di mille anni, conserva ancora alcuni antichi frantoi, come il Trappetto Caffa di Vemole, in funzione già nel 1576. La leggenda vuole che il trappetto sia stato popolato da un manipolo di buffi folletti, gli uri, che in alcune notti dell’anno, dopo aver mangiato abbondantemente e bevuto numerosi otri di robusto vino salentino, raggiungevano il centro abitato per fare scherzi e sberleffi agli abitanti.

Andando verso la costa si oltrepassa la Torre Specchia Ruggeri, una torre di guardia del xvi secolo, e si raggiunge Roca Vecchia, un antichissimo e fiorente centro dell’antica popolazione italica dei Messapi che abitavano la Messapia. ovvero il territorio che comprende le province di Lecce e Brindisi e, in parte, quella di Taranto. La costa rocciosa e bassa, il mare pulito e calmo, i resti di tombe scavate nella roccia e la rocca, fatta erigere da Gualtieri VI di Brienne agli inizi del 1300. contribuiscono a rendere Roca Vecchia uno dei posti più incantevoli e suggestivi del Salento. La vasta area archeologica con il castello, situala sul promontorio è attualmente visitabile, anche se con qualche difficoltà. Tra le numerose grotte di questo tratto di costa si distingue la misteriosa Grotta della Poesia, l’antico Santuario del Dio Taodor, divinità che dona salvezza. Secondo la leggenda nell’antro, famoso per la fonte sommersa di acque dolci miracolose, faceva il bagno una bellissima principessa, circondata da poeti provenienti da tutto il Sud dell’Italia. C’era chi scriveva di ninfe e chi delle principesse orientali, chi delle regine del nord e chi di amori impossibili, ma tutti si facevano ispirare dalla sua bellezza. Oggi poeti e principesse non abitano più la grotta ma il luogo mantiene intatti bellezza e fascino.

Per maggiori info e organizzare la vostra visita ad Acaya potete chiamare l’ufficio turistico a Vernole al 0832683585 o scrivere all’indirizzo e-mail icm@provincia.le.it. Buona visita amici!

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