La città di Torino, in Piemonte, è nota come la città italiana del cioccolato. . E’ ormai una tradizione consolidata che Torino festeggi la cioccolata nel cuore di una grande kermesse invernale che per una decina di giorni invade allegramente con feste, eventi, degustazioni, mostre e spettacoli a tema nelle piazze, i locali e le pasticcerie della città, nonché il cuore e la gola dei torinesi e dei tanti produttori e turisti che visitano la fiera. Stimo parlando del CioccolaTò, inaugurato per la prima volta nel 2003 e saga delle migliori cioccolate e dei più eccelsi maestri cioccolatieri della città e non solo.
Ovviamente inconsapevole del fatto che il suo gesto avrebbe contribuito a fare una delle fortune di Torino, il cioccolato fu introdotto in Europa dal conquistatore spagnolo Hernan Cortèz, che agli inizi del ‘500 riportò in patria alcune ceste di semi di cacao ricevute in dono da Montezuma, imperatore del regno azteco.
Il cacao era da secoli una delle risorse principali dei popoli Maya e Azteco i quali, oltre a ricavarne un’energetica bevanda, lo usavano come merce di scambio. Recate in dono da Cortez al proprio sovrano Carlo V, il cacao qualche anno dopo giunse anche a Torino. Nel 1559 Emanuele Filiberto di Savoia, generale degli eserciti spagnoli, tornò nei suoi stati portandone con se alcuni semi.
L’anno successivo, per festeggiare il trasferimento della capitale del regno di savoia da Chambéry a Torino, il sovrano offrìre alla città una simbolica tazza di cioccolato caldo. Pochi anni dopo, in occasione delle nozze del figlio Carlo Emanuele I, la bevanda verrà offerta a tutta l’aristocrazia locale, che ne sarà definitivamente conquistata. Da allora il cioccolato si assicurò un posto d’onore nella storia della cultura e nel’economia della città, destinato a consolidarsi nel corso dei secoli in un amore che dura ormai da quasi 500 anni.
Ascrivere una pagina importante nella storia del cioccolato a Torino fu nel 1678 Maria Giovanna di Nemours, reggente sul trono di Savoia che concesse la “patente di cioccolatiere” a Giò Antonio Ari, autorizzandolo così a vendere, oltre che a produrre la cioccolata. Fino ad allora, infatti, i fabbricanti di bevande a base di cacao non potevano commercializzarla: erano confettieri e acquavitari, chiamati a Torino limonadier, mentre la vendita spettava ai caffettieri che servivano la cioccolata accanto al caffè e ad altre bevande calde e fredde.
Con questo provvedimento il “cicolaté d’Turin” divenne una figura di primo piano, detentore di un’arte rinomata e apprezzata, oltre che economicamente redditizia. Ma il vero salto di qualità avvenne nel XVIII secolo, quando i maestri cioccolatieri torinesi cominciarono a servirsi di macchine che permettevano di solidificare il cioccolato, fino ad allora consumato esclusivamente come bevanda. Era l’inizio dell’industria cioccolatiera, affidata alla maestria di artigiani i cui nomi ancora oggi firmano la produzione delle migliori cioccolate.
Ricordarli tutti è quasi impossibile. Da Paolo Caffarel che agli inizi dell’800 apre uno stabilimento di produzione del cioccolato sulle rive del canale Pellerina, a Michele Prochet che si fonderà con Caffarel dando vita alla Caffarel-Prochet, da Talmone ai fratelli Stratta, da Streglio e Pernigotti alla Venchi fondata nel 1878, per citare solo alcune delle tappe della secolare storia dei cioccolatieri torinesi. Nel 1852, a opera di Michele Prochet nasce il gianduiotto, il più famoso dei cioccolatini torinesi e il primo al mondo ad essere incartato. Inizialmente era chiamato Givu, che in piemontese significa cicca di sigaretta, e solo nel 1865 prese il nome con cui è noto in tutto il mondo. Ancora oggi la Caffarel Prochet continua a produrre il gianduiotto 1865 con la data ben visibile sulla stagnola dorata.
Ed ecco tra gli ultimi arrivati, ma non certo per qualità, Guido Gobino che, utilizzando nel suo laboratorio artigianale ingredienti di prima scelta, crea la serie dei gianduiotti di varie dimensioni, dal “Tourinot mignon” da 5 grammi, che lo ha reso famoso, al “Tourinot maximo“, erede del gianduiotto originale da 10 grammi. Guido Rosso, che nella sua pasticceria di corso Traiano, la cioccolateria di Capitano Rosso, si sbizzarrisce ad impastare e a creare con il cioccolato gusti e forme sempre diversi, tra cui primeggia l’ormai mitico cioccolatino Ciao Turin, una curiosità particolare.
In occasione della sesta edizione della fiera, nel 2008, un altro noto maestro cioccolatiere, Silvio Bessone, ha realizzato un particolare gianduiotto, il “Giangioiello”, impreziosito da un diamante e incartato in oro puro, il cui valore si aggira sui 150000 euro. Il ricavato della vendita è stato devoluto ad una iniziativa di solidarietà per lo Sri Lanka. L’elenco non finisce qui. Tutte le migliori pasticcerie della città hanno una produzione propria di tavolette di cioccolata, di praline, di creme da spalmare e di cioccolatini.
Scoprirli ne gustarli tutti è possibile al CioccolaTò quando la fiera, che si svolge all’inizio del mese di novembre (trovate tutte le informazioni su date ed eventi nel sito ufficiale), sembra chiudere l’inverno e preparare con dolcezza l’arrivo della primavera. Girare tra le decine di stand che vengono allestiti nelle più belle piazze di Torino, assistere a lezioni di cioccolato o partecipare a degustazioni, farà allora tornare alla mente il nome con cui Linneo ebbe a classificare nel suo Genera Plantorum il cacao: Teobroma, che vuol dire “cibo degli Dei”. E non potremmo che concordare con lui
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